Onorevoli Deputati! - L'Accordo globale di pace firmato il 9 gennaio 2005 ha posto fine alla guerra civile tra il Nord ed il Sud del Sudan durata più di vent'anni.
      La ricostruzione degli Stati del Sud e di altre zone centrali del Paese, nei quali si è combattuto più a lungo e che più hanno patito le conseguenze della guerra, interesserà ogni settore del sistema produttivo ed infrastrutturale. Benché anche nelle zone non colpite dal conflitto le infrastrutture e i beni strumentali abbiano subìto un invecchiamento a causa della mancata manutenzione da parte dello Stato, il quadro del Paese non si esaurisce con la descrizione delle zone che presentano le caratteristiche delle «war affected areas» o che si trovano ai margini del sistema produttivo nazionale ed internazionale. Vi sono infatti aree, come la fertile regione compresa tra i due Nili o alcune zone nel Nord del Paese ricche di risorse naturali, che già presentano potenzialità di sviluppo concrete ed evidenti.
      I principali indicatori macro-economici evidenziano una realtà economica in costante sviluppo: la crescita reale del prodotto interno lordo (PIL) si è situata intorno all'8 per cento nel 2005 e si prevede raggiungerà il 13 per cento nel 2006, grazie soprattutto all'aumento della produzione petrolifera e, quindi, dei maggiori proventi petroliferi dovuti sia all'incremento delle esportazioni, sia alle crescenti quotazioni del petrolio. Hanno inoltre contribuito in maniera consistente alla formazione del PIL anche i settori dell'agricoltura, delle costruzioni e dei servizi. Nel contempo, il Paese ha continuato ad attrarre considerevoli investimenti esteri (in particolare dai Paesi arabi del Golfo Persico). La bilancia dei pagamenti è stata così sostenuta dall'aumento dei flussi di capitale in entrata, con conseguente aumento delle riserve internazionali. L'ammontare totale degli investimenti diretti esteri (IDE) è stato di 1,5 miliardi di dollari già nel 2004. Il tasso di inflazione medio si è attestato all'8,5 per cento.
      Quanto alla bilancia commerciale, nel 2005 si sarebbero registrate esportazioni sudanesi per miliardi 5,6 di USD, con un incremento del 47 per cento circa rispetto all'anno precedente, a fronte di importazioni per miliardi 5,1 di USD, con un incremento del 46 per cento circa rispetto all'anno precedente.
      I maggiori clienti delle esportazioni sudanesi sono la Cina, che nel 2005 ha totalizzato una quota di mercato del 64,4 per cento circa sul totale delle esportazioni, seguita dal Giappone (13,7 per cento) dall'Arabia Saudita (3,8 per cento) e dagli Emirati Arabi (2,6 per cento).
      La graduatoria dei fornitori vede al primo posto ancora l'Arabia Saudita (quota di mercato 11,4 per cento), seguita dalla Cina (con una quota di mercato del 10,6 per cento), Emirati Arabi (6 per cento) e dall'Italia (3 per cento).
      Infine, dopo tre anni di surplus il bilancio dello Stato ha mostrato nel 2005 un deficit a causa dell'aumento della spesa pubblica, superiore all'aumento dei proventi da petrolio. Il livello dell'indebitamento estero del Sudan rimane molto elevato, collocandosi a circa il 100 per cento del PIL (27,7 miliardi di USD).
      Sono apprezzabili, comunque, gli sforzi fatti da quel Governo in tema di riforme strutturali, in particolare per ciò che riguarda fiscalità e finanze, ma molto rimane ancora da fare sul cammino «virtuoso» richiesto dalla Comunità internazionale ai fini di una eventuale cancellazione del debito.
      La nostra azione costante a sostegno del processo di pace ha fatto acquisire al

 

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nostro Paese una notevole credibilità che potrebbe ben essere spesa in termini di maggiore penetrazione economico-commerciale con la progressiva stabilizzazione e normalizzazione della situazione interna.
      Per quanto riguarda i rapporti bilaterali tra l'Italia e il Sudan sul versante economico-commerciale, nel 2005 l'import italiano è stato pari a 16,9 milioni di euro (con una diminuzione del 18,39 per cento rispetto all'anno precedente), mentre l'export italiano è stato pari a 214,7 milioni di euro (+84,88 per cento circa rispetto al 2004), per un interscambio complessivo di 231,5 milioni di euro, in notevole crescita rispetto all'anno precedente (+69 per cento).
      Le principali voci dell'export italiano sono rappresentate da macchinari vari, metalli e prodotti in metallo, prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali, mezzi di trasporto, prodotti alimentari.
      La composizione del nostro import è invece costituita soprattutto da prodotti dell'agricoltura e della silvicoltura, prodotti alimentari, cuoio e pellami, legno e prodotti in legno, prodotti della pesca.
      La diminuzione delle importazioni italiane nel corso del 2005 è dovuta principalmente ad un azzeramento della quota di petrolio grezzo e di gas naturale importati. Per ciò che concerne la concorrenza sul mercato sudanese, nel corso del 2005 l'Italia si è collocata al 4o posto nella graduatoria dei maggiori esportatori, con una quota di mercato del 3 per cento circa.
      Relativamente alla SACE Spa - Servizi assicurativi del commercio estero, il Sudan è collocato in settima posizione di rischio (su sette), con un atteggiamento di chiusura: l'esposizione complessiva della SACE al 31 marzo 2006 era di 100,52 milioni di euro per indennizzi e crediti commerciali.
      La presenza diretta italiana in Sudan è ancora limitata a investimenti di modico valore, concentrati soprattutto nel settore turistico. Secondo gli ultimi dati disponibili sugli investimenti diretti italiani nel Paese (fonte Governo locale), nel 2004 essi hanno raggiunto il valore di 769.000 USD.
      Le aziende più consistenti presenti su quel territorio sono: APS Bentini (contratto per la progettazione e la gestione di grandi commesse nell'ambito della realizzazione di una grande raffineria a Port Sudan); Enel Power (costruzione di una stazione di pompaggio idrico in zona Kash el Girba); Technosystem (progettazione, costruzione, integrazione e fornitura di apparati e di sistemi di broadcasting in particolare trasmettitori); Meregalli (contratto di 6,7 milioni di euro per la fornitura e l'installazione di una stazione di pompaggio delle acque del Nilo nello Stato del Sinnar, cofinanziato dal Ministero delle finanze sudanese); CMC (costruzione di un albergo su finanziamento libico); The Italian Tourism Co. Ltd. (costruzione di un albergo nella zona di Karima e di un campo tendato nella zona di Merowe); Società Nuova Magrini (produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche); Ascot (progettazione e realizzazione di macchinari e di impianti per la produzione di energia elettrica e termica).
      Ai fini di una maggiore penetrazione di quell'economia da parte di potenziali operatori italiani, sono state individuate le seguenti aree di intervento da cui potrebbero scaturire interessanti opportunità: agro-alimentare (industria alimentare, agricoltura e allevamento nel Sud del Paese); costruzioni, infrastrutture, soprattutto nel Sud del Paese (sfruttando anche il ritorno in termini di visibilità acquisito dalla recente inaugurazione del «Ponte Italia», finanziato dalla nostra protezione civile con progettazione e assemblaggio della società ICOP); energetico (petrolio soprattutto nel Sud del Paese); minerario (estrazione e lavorazione di marmo e di granito); macchinari (industriali, elettrici, per la lavorazione dei metalli); tessile e conciario; turismo (infrastrutture alberghiere).
      Il Sudan è un Paese eleggibile all'«Iniziativa HIPC rafforzata», ma per poter beneficiare dell'«Iniziativa HIPC rafforzata» dovrà essere in regola con le condizioni previste dalle predette Istituzioni per il raggiungimento del «decision point» (prima fase dell'iniziativa). Nel momento
 

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in cui avrà superato la condizione di Paese «conflict affected», il Sudan potrà beneficiare di un trattamento «pre-HIPC» al Club di Parigi, sotto forma o di «condizioni Napoli» (cancellazione del 67 per cento dei crediti commerciali e riscadenzamento concessionale in 40 anni, di cui 16 di grazia, dei crediti di aiuto) o di «condizioni Lione» (cancellazione dell'80 per cento dei crediti commerciali e riscadenzamento concessionale in 40 anni, di cui 16 di grazia, dei crediti di aiuto).

Esame degli articoli.

      Dopo un primo articolo dedicato alla precisa definizione dei termini utilizzati, l'Accordo recepisce un insieme di norme finalizzate, in un contesto di trattamento «giusto ed equo», ad incoraggiare e proteggere gli investimenti reciproci (articolo 2) contemplando, tra l'altro, la clausola della nazione più favorita (articolo 3) e cioè l'obbligo di concedere agli investitori della controparte un trattamento non meno favorevole di quello concesso ai propri investitori o agli investitori di Paesi terzi.
      È prevista la corresponsione all'investitore di un adeguato indennizzo per perdite derivanti da guerra, altre forme di conflitto armato, rivoluzione, stato di emergenza nazionale, rivolta, insurrezione o disordini, sopravvenuti sul territorio dell'altra Parte contraente (articolo 4).
      In base all'articolo 5 le eventuali nazionalizzazioni, espropriazioni e requisizioni non potranno avvenire, direttamente o indirettamente, se non per motivi di ordine pubblico o di interesse nazionale, su base non discriminatoria e secondo il regolare iter di legge. In tale caso è prevista la corresponsione di un risarcimento immediato, pieno ed effettivo. Il risarcimento sarà computato sulla base del giusto valore di mercato dell'investimento, quale era immediatamente prima della data in cui è stata resa pubblica la decisione di nazionalizzazione o di esproprio. Il risarcimento dovrà includere un importo compensativo (in sostituzione degli interessi, non ammessi dalla legge islamica vigente in Sudan) che dovrà essere equo e giusto e dovrà essere calcolato in base ai parametri accettati ed applicati a livello internazionale in casi consimili (articoli 5 e 6).
      Ognuna delle Parti contraenti garantirà il rimpatrio di capitali, profitti e utili relativi agli investimenti effettuati senza indebito ritardo e in valuta convertibile, dopo che siano stati adempiuti gli obblighi fiscali (articoli 6 e 8).
      Se una Parte contraente, o un suo Ente, ha risarcito il proprio investitore per danni subiti da rischi non commerciali, essa subentra all'investitore nel diritto al risarcimento dovuto dall'altra Parte contraente (diritto di surroga, articolo 7).
      L'articolo 9 riguarda la regolamentazione delle controversie che possono insorgere tra investitori e Parti contraenti. Stabilisce che, nel caso in cui le controversie non possano essere risolte in via amichevole entro sei mesi, possano a scelta dell'investitore essere sottoposte ai Tribunali locali territorialmente competenti, ad un Tribunale arbitrale ad hoc che opera in conformità al regolamento della Commissione delle Nazioni Unite sul diritto commerciale internazionale (UNITRAL), o al Centro internazionale per la composizione delle controversie relative agli investimenti, per l'applicazione delle procedure di arbitrato previste dalla Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 in materia di composizione delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati. Le due Parti contraenti si asterranno dal trattare per via diplomatica le questioni attinenti ad una procedura arbitrale o a procedimenti giudiziari in corso finché tali procedure non siano concluse e una delle Parti contraenti non abbia mancato di ottemperare al lodo del Tribunale arbitrale o alla sentenza di altro Tribunale entro il termine stabilito o entro il termine che può essere stabilito sulla base delle disposizioni di diritto internazionale o interno applicabile alla fattispecie.
      Le controversie insorte tra le Parti contraenti in merito all'interpretazione o all'applicazione dell'Accordo, che non possono essere risolte entro sei mesi in via amichevole attraverso i canali diplomatici, saranno sottoposte, su richiesta di una

 

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delle Parti contraenti, ad un Tribunale arbitrale ad hoc secondo la procedura stabilita all'articolo 10 dell'Accordo.
      L'applicazione delle disposizioni dell'Accordo non è condizionata dalla circostanza che le Parti contraenti abbiano o meno relazioni diplomatiche o consolari (articolo 11).
      L'articolo 12 stabilisce che le Parti contraenti sono tenute ad applicare le disposizioni e i trattamenti più favorevoli di quelli stabiliti nel presente Accordo qualora questi derivino da altri accordi internazionali o da norme generali di diritto internazionale. Il paragrafo 2, secondo capoverso, prevede anche la corresponsione di un risarcimento nel caso in cui un investitore abbia subìto un danno derivante dalla mancata applicazione, da parte della Parte contraente ospitante, del trattamento più favorevole. Secondo il paragrafo 3, inoltre, l'investimento risulta protetto anche da eventuali modifiche sostanziali che possano intervenire nella legislazione della Parte contraente e che disciplinino, direttamente o indirettamente, l'investimento stesso.
      L'articolo 13 stabilisce che l'Accordo copre gli investimenti effettuati sia dopo che prima della sua entrata in vigore. Non si applica però alle controversie insorte prima della sua entrata in vigore.
      La validità dell'Accordo è stata prevista in dieci anni, a partire dalla notifica dell'avvenuto espletamento delle procedure di ratifica richieste nei rispettivi Paesi, e sarà tacitamente rinnovato per ulteriori periodi di cinque anni, a meno che una delle Parti non lo denunci dandone notifica scritta entro un anno dalla sua scadenza. In ogni caso l'Accordo continua ad applicarsi, dopo la scadenza, per altri cinque anni agli investimenti effettuati prima della stessa (articoli 13, 14 e 15).
      Le due Parti contraenti hanno inoltre deciso di corredare il testo dell'Accordo con un Protocollo contenente alcune disposizioni che meglio chiariscono le loro rispettive intenzioni e che formeranno parte integrante dell'Accordo stesso.
      In particolare il Protocollo riporta un elenco di definizioni di «attività connesse» agli investimenti, a cui si applica l'Accordo, e contiene integrazioni e precisazioni con riferimento agli articoli: 2 (Promozione e protezione degli investimenti); 3 (Trattamento nazionale e clausola della nazione più favorita); 5 (Nazionalizzazione o esproprio) e 9 (Composizione delle controversie tra investitori e Parti Contraenti).
      Si ritiene che l'Accordo, formulato nei termini suesposti, che corrispondono peraltro alla prassi comunemente seguita in campo internazionale per disciplinare queste materie, sia un valido quadro di tutela giuridica degli investimenti italiani in Sudan e degli investimenti del Sudan in Italia.
      L'Accordo non comporta oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato né incide, modificandoli, su leggi o regolamenti vigenti; esso non richiede, oltre all'autorizzazione parlamentare alla ratifica e all'ordine di esecuzione, norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
      Dall'attuazione del presente Accordo, che assicura ai nostri operatori il trattamento più favorevole previsto dall'ordinamento locale, non derivano maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Non ne derivano neppure minori entrate. Infatti, per quanto riguarda gli avvenimenti di eccezionale gravità ed urgenza previsti dall'Accordo, essi non sono minimamente quantificabili: pertanto, per la copertura di tali tipi di danni, si provvede con apposita legge che viene emanata in occasione del singolo evento. D'altra parte il meccanismo per la risoluzione delle controversie (articoli 9 e 10) prevede, in via primaria, il ricorso ai normali canali diplomatici.
      Alle spese del tutto eventuali che dovessero derivare dal ricorso al Tribunale arbitrale, si provvede con gli stanziamenti destinati a liti ed arbitraggi, iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia.
      Per tali considerazioni dal presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e, pertanto, non si rende necessario redigere la relazione tecnica.
 

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